Ci sono una viola, un dipinto e un diamante blu. No, non è una barzelletta dai soliti esiti razzisti, ma un elenco di oggetti accomunati da un’unica cifra: 45 milioni di dollari. È questo ciò che accade quando il diamante è l’Oppenheimer Blue, il dipinto è Femme assise, robe bleue di Pablo Picasso e la viola è uno strumento costruito da Antonio Stradivari. Ma cosa permetterebbe a uno strumento musicale di valere così tanto?
Si potrebbe pensare al materiale. L’Oppenheimer Blue, infatti, trae tutto il suo valore dalla rarità del diamante. Se nel corso dei millenni quegli stessi atomi di carbonio si fossero disposti in una forma diversa, probabilmente oggi chiameremmo simpaticamente “Oppenheimer” la punta della nostra matita. Si può dire lo stesso del legno di una viola? Di certo la maestria e l’esperienza di un liutaio cremonese della seconda metà del ‘600 avrebbero saputo selezionare i migliori pezzi di acero o di abete in circolazione. Tuttavia, se davvero il legno potesse mai raggiungere un valore intrinseco così elevato, allora a governare le sorti del mondo ci sarebbero al posto dei cartelli e delle multinazionali, boscaioli e falegnami in guerra aperta con le guardie forestali.E che dire della lavorazione? Femme assise, robe bleue è un’opera di valore perché l’estro di un genio del calibro di Picasso è stato in grado di combinare colori e forme su di una comunissima tela per farne dell’arte. Anche Antonio Stradivari partiva da materiali comuni, ma i prodotti della sua bottega non erano pensati per essere esposti in una galleria, né tantomeno avevano la pretesa di essere considerati ‘opere d’arte’. Gli strumenti di Stradivari, così come quelli di un qualsiasi altro liutaio, al pari di un martello o della nostra cara matita Oppenheimer, servono per svolgere un lavoro, in questo caso per fare musica. La raffinatezza della loro lavorazione li rende certamente delle opere di un altissimo livello di artigianato, ma mai d’arte.
Il suono. Una scala di valore?
Se si tratta di strumenti e se servono a far musica, allora soltanto il loro suono potrà essere all’origine di questo incredibile valore. Migliaia sono le testimonianze sulla potenza e sulla ricchezza di armonici degli strumenti di Stradivari e sulle sale da concerto che in più di trecento anni ne sono rimaste affascinate. Ma è davvero possibile dare al suono un valore in dollari?
Nel 2012 Claudia Fritz, servendosi di musicisti professionisti, dimostrò come a occhi chiusi sia molto difficile distinguere uno Stradivari da uno strumento moderno di buona fattura. Gli stessi capolavori del cremonese che vengono suonati ai nostri giorni hanno subito vari interventi e modifiche per essere adattati allo stile esecutivo contemporaneo perdendo, di fatto la loro genuina originalità.
In conclusione, diffidate quando vi viene detto che gli strumenti antichi sono migliori perché con gli anni «il legno invecchia» o «la vernice si assorbe meglio». Un violino appena costruito avrà sicuramente bisogno di un po’ di tempo per potersi assestare e raggiungere la sua maturità sonora, ma questa non potrà durare in eterno, né tantomeno migliorare sempre di più. Ci sono due soluzioni: o Stradivari è diventato un brand vero e proprio, con seguaci e finanziatori accaniti disposti a qualsiasi cosa – o a qualsiasi cifra – pur di possederne un esemplare, oppure le leggi della termodinamica sulla naturale decomposizione del legno sono una grande bufala. Se siete di quest’ultimo parere, tenetevi stretta la vostra matita Oppenheimer.
[articolo comparso sull’ormai perduto Quellidelledomande.it]
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