Secondo Porfirio, la forma corretta della parola imaginem (immagine) sarebbe imitaginem. La traduzione in italiano sarebbe imitazione, copia (della realtà). Varrebbe la pena tenere a mente questa etimologia dato che ci troviamo nell’Era dell’Immagine: un periodo storico in cui a determinare le sorti della realtà sono le testimonianze, le fotografie e i filmati amatoriali. Come è stato possibile arrivare a questo? E che cos’è l’immagine oggi?
Nel X libro della Repubblica, Platone è ben consapevole della natura imitativa dell’immagine. Secondo lui, il mondo reale è già da sé una copia del mondo perfetto delle Idee. Le arti figurative, imitando a loro volta la realtà, non sarebbero altro che una copia ulteriormente sbiadita dell’Iperuranio. Nel celebre mito della caverna, lo stesso Platone aveva paragonato le immagini a ombre di simulacri proiettate su pietra dalla luce di un piccolo fuoco. Gli uomini incatenati, non avendo mai visto il mondo al di fuori di quella grotta, credono che la realtà non possa essere altro che quelle stesse ombre.
Un esempio di grande interesse di immagine con valore informativo lo troviamo tra il X e il XIV secolo. Si tratta dell’Exultet, un inno cattolico della veglia pasquale. Il diacono, o il cantore, intonava dal pulpito la preghiera leggendola da una lunga pergamena che veniva man mano srotolata oltre il parapetto. La particolarità di questa pergamena è che lungo le colonne laterali erano presenti delle preziosissime miniature orientate in maniera opposta rispetto al testo. In questo modo, l’assemblea, spesso composta da gente analfabeta e incapace di comprendere il latino, poteva farsi un’idea di quello che si stava celebrando e l’immagine veniva ad essere utilizzata nel suo valore educativo e illustrativo.
In passato, l’immagine è anche stata considerata come la via preferenziale per poter celebrare e tramandare la memoria di un evento, un eroe, o un’intera dinastia. Si pensi alla meravigliosa Camera degli sposi, una stanza interamente affrescata dal Mantegna (terminata nel 1474) in occasione della nomina a cardinale di Francesco Gonzaga di Mantova. Il dipinto è un’ode alla grandezza di una famiglia, la stessa grandezza che ancora oggi riesce ad affascinare e a stupire coloro che visitano quella stanza.
Cosa è cambiato negli ultimi anni?
L’avvento della fotografia e delle cineprese ha determinato una svolta radicale nella produzione e nella fruizione delle immagini. La Grande Guerra fu uno dei primi conflitti a essere immortalato in bianco e nero su pellicola. Negli anni ’30, gli italiani potevano seguire in televisione i discorsi di Mussolini grazie alle immagini diffuse dall’Istituto LUCE.
Già dall’inizio della Guerra vietnamita, i reporter americani sbarcati nel sud-est asiatico cominciarono a diffondere oltre oceano le immagini del conflitto. La gratuità della violenza contenuta in quei filmati provocò una forte reazione nel pubblico giovanile e studentesco e a partire dal 1964 diverse organizzazioni promossero una serie di proteste contro le scelte del presidente Johnson. I famosi moti del ‘68 trovano in queste immagini un’importante motivazione.
In ultima analisi converrebbe guardare agli avvenimenti dell’8 aprile 2018. Douma viene bombardata con dispositivi al cloro e veleni da parte di Assad. Cinque giorni dopo, USA, UK e Francia muovono un attacco missilistico contro le presunte basi di armi chimiche in Siria. Per giustificare questa decisione, Donald Trump parla della sua reazione alle immagini di Douma: «quelle foto sono orribili». Alcuni oppositori dell’allora presidente degli States sono arrivati a dubitare della veridicità dei filmati in questione: secondo loro sarebbero stati girati ad hoc, magari all’interno di un qualche set hollywoodiano, affinché potessero essere usati come pretesto per l’attacco – proprio come una fonte complottista aveva ventilato la falsità dell’allunaggio del 1969, in un quadro politico che vedeva protagonisti ancora gli USA e sempre in competizione con la Russia.
Nel corso dell’ultimo secolo, l’immagine ha perso quell’esclusività e quella rarità che per millenni l’avevano caratterizzata. Oggi l’estrema facilità di creazione, di diffusione e di fruizione la rendono una delle vie di controllo e di veicolazione ideologica più potente. Basti pensare all’altissimo gradiente di inquinamento visivo che silenziosamente si impossessa di tutto quello che ogni giorno guardiamo: i suoi fumi sono gli spot televisivi, il suo olezzo gli annunci sulle applicazioni, il suo chiasso i cartelli pubblicitari sempre più obesi. Il grande paradosso è che l’Era dell’Immagine non è l’epoca del suo trionfo, bensì quella della sua apparente più svilente sconfitta.
L'immagine è di Maria Pia Prete
[articolo comparso sull’ormai perduto Quellidelledomande.it]
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