Ogni giorno prendo la metro a Sesto San Giovanni e puntualmente mi ritrovo davanti a uno di quei manifesti pubblicitari che lanciano l’ultima stagione della serie tv Netflix Sex Education. Si tratta di una mezza arancia. Una mezza arancia capace di creare scandalo tra non pochi pensatori vintage del nostro paese. Ma agrumi a parte, oggi mi piacerebbe parlarvi delle mie impressioni su Sex Education e spiegarvi perché penso che ci troviamo davanti alla fine delle serie tv a tema high school.
Dentro l’armadietto
Quelli della generazione Y come me si ritrovano più o meno senza volerlo a essere perfettamente informati sul funzionamento di una high school americana. Transumanza di studenti brufolosi, armadietti personalizzati, professori con isterie varie e, immancabile, il solito quarterback con la solita giacca bomber dai soliti colori discutibili. Le case produttrici di serie tv americane hanno da subito compreso il potenziale narrativo dell’ambientazione high school e lo hanno sfruttato per approfondire nell’intreccio una notevole varietà di temi legati all’adolescenza.
Esiste tuttavia una divergenza cruciale tra Community, High School Musical, Skins, Shameless e Sex Education. A differenza delle prime (e di tutte le altre), Sex Education rivela senza pudore allo spettatore il vero grande “non-detto” dei suoi predecessori, il sotto tema principale sempre taciuto: il sesso, appunto. È questa pulsione la vera forza motrice di ogni azione di ogni personaggio di ogni serie tv high school. Senza di essa, Jeff Winger non avrebbe mai seguito Britta Perry – o Annie Edison? – nel suo studying group e Troy Bolton non avrebbe mai messo in discussione la sua carriera da cestista per seguire sul palco Gabriella Montez.
Seduzione e pornografia
Nel suo libro La scomparsa dei riti (2019) Byung-Chul Han dedica un capitolo alla differenza tra seduzione e pornografia nell’età contemporanea. Secondo il professore di Berlino, la seduzione è un duello, un gioco, un rituale. In essa il Sé cerca l’Altro in una esteriorità dominata dalla fantasia, nella quale il sesso – come nel Diario del seduttore di Kierkegaard – può anche essere del tutto assente.
Il porno, invece, «sigilla la fine della seduzione: in esso, l’Altro è del tutto eliminato». La fantasia scompare e ogni forma di ambiguità o ambivalenza viene ad essere abolita. Tutto è denudato, «sottoposto alla luce spietata della trasparenza». Han pensa che quella che lui chiama «coazione a produrre», per intenderci l’invasione della performatività in tutti gli aspetti della nostra esistenza, abbia condotto ogni cosa al livello del visibile. Per questo motivo il gioco della seduzione non è più possibile: si arriva subito al dunque, perdendosi così tutto il resto.
Il successo della serie e la fine delle serie
Trasferendo il distinguo di Byung-Chul Han nel nostro discorso, potremmo provare a considerare le serie tv a tema high school come caratterizzate dalla seduzione, mentre Sex Education sarebbe pornografia. Non per le sue scene, ovviamente! Anzi, è encomiabile la modalità attraverso cui certi argomenti vengono trattati senza inciampare mai in un’esplicita e banale volgarità. Sex Education è pornografico a un livello concettuale.
Le pulsioni sessuali adolescenziali da nascoste diventano così il tema principale della narrazione, emergendo al «livello del visibile» per essere considerate, studiate e analizzate in tutte le loro sfaccettature. Il successo della serie sta nell’aver squarciato il velo di Maya delle serie high school per rivelare il sesso come la vera volontà di potenza. Dopo Sex Education potrebbe quindi essere difficile tornare a raccontare di studenti brufolosi e corridoi affollati.
Postilla
C’è però un piccolo problema. Pur trattando di peripezie di sedicenni, secondo Netflix Sex Education non sarebbe adatto a un pubblico di età inferiore ai 17 anni. In altre parole, coloro che dovrebbero essere sensibilizzati sui temi in questione sono gli stessi ai quali è preclusa la visione della serie. Caro Netflix, ci siamo sul Sex, ma credo che sull’Education ci sia ancora un po’ da lavorare.
P.S. L’arancia come trovata pubblicitaria funziona molto bene.
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