Abbiamo tutti visto le immagini di quanto avvenuto la scorsa notte a Washington: molti americani (bianchi), fomentati dalle parole di Trump, hanno preso d’assalto la sede del parlamento impedendo la proclamazione della vittoria di Joe Biden. Quanto dobbiamo avere paura noi occidentali? Cosa ci dice un simile evento sullo stato attuale Democrazia nel mondo?
Seguendo i vari giornali è possibile trovare alcune dichiarazioni nella forma: «non si è mai visto qualcosa del genere». Sì, se si considera la recente storia politica americana; no, se si guarda ai numerosi eventi sovversivi che hanno portato nei secoli a cambiamenti più o meno radicali nel mondo. Prendete per esempio Praga. I cittadini della capitale boema hanno sempre avuto un debole per l’arte della defenestrazione. Per ben due volte (nel 1419 e nel 1618) alcuni rappresentanti del potere hanno rimpianto la loro impotenza nei confronti della forza di gravità e il loro volo ha determinato lo scoppio di conflitti importanti come la Guerra Hussita e la Guerra dei Trent’anni. Ieri a Washington nessun parlamentare ha preso la via della finestra – per fortuna – e a oggi nessuna guerra ha avuto inizio, ma eventi del genere aiutano a riflettere sull’importanza simbolica che i luoghi del potere hanno nei confronti della stessa stabilità politica. Novoměstská radnice, Pražský hrad e Capitol Hill sono luoghi sacri: ‘dis-sacrarli’ significa mettere in dubbio la stessa autorità reggente.
Tra gli Americani si sta dibattendo molto sull’«e se si fosse trattato, invece, una folla di neri?». Abbiamo assistito lo scorso anno a tutta una serie di manifestazioni di protesta dall’hashtag #blacklivesmatter. Certamente l’attuale pandemia globale ha fatto emergere negli States tutta una serie di contraddizioni sociali che in tempi più distesi sarebbero rimaste sopite. Gli scontri per le strade – non nei luoghi di potere – sono stati violenti e molte famiglie hanno assistito impotenti all’assoluzione degli assassini dei propri cari. Quello che io trovo davvero inopportuno è che il dibattito pubblico si soffermi su «se» del genere. Lanciare simili ipotesi e favorire l’opinionismo da televisione fine a se stesso non aiuta a risolvere il problema, ma lo rafforza. Invece di chiedersi che cosa sarebbe successo se il colore fosse stato diverso bisognerebbe domandarsi perché, ancora, parliamo di colori.
In ultimo c’è la questione del timore nei confronti delle «sorti della Democrazia». Quella americana è certamente un esempio per noi occidentali in quanto una delle più datate – la sua Costituzione fu scritta nel 1787 con una piuma, come Joe Rogan ci tiene a sottolineare. Dissacrando il suo edificio simbolico e ignorando principi come quello dell’elezione presidenziale, gli americani (bianchi) hanno dimostrato al mondo la fragilità della Democrazia non soltanto nelle sue manifestazioni effettive, ma soprattutto nella sua essenza. Chi studia giurisprudenza saprà bene che ogni forma di potere si basa su un accordo tra governanti e governati che prevede il riconoscimento da parte di entrambi di alcuni valori fondanti e astratti, separati. La storia ha visto attribuire tali valori a concetti come ‘Dio’, ‘Natura’ e anche ‘Uomo’ (bianco).
Grazie a Washington e a Capitol Hill possiamo di nuovo renderci conto del fatto che le finestre del potere si rompono proprio come tutte le altre e che da lì è possibile essere lanciati fuori o entrarci vestiti da vichinghi. Allo stesso tempo salvaguardare la Democrazia, che sia fatta di concetti o di vetro, diventa oggi un compito urgente. Solo così saremo in grado di difendere qualcosa di ancora più prezioso: la nostra libertà.
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