Tempo fa, studiando il tarantismo mi sono ritrovato a sfogliare il Magnes sive de arte magnetica (1641) di Athanasius Kircher, un’opera affascinante nella quale l’intellettuale gesuita difende e argomenta la tesi secondo cui il mondo sarebbe governato da forze di attrazione e repulsione. Nel presentare alcuni esempi di applicazione delle forze magnetiche, Kircher fa riferimento al tarantismo pugliese ove è possibile osservare gli effetti dei suoni sul veleno che scorre nelle vene dei pizzicati.
Ed è proprio qui, nel capitolo VIII della ottava parte del libro III che fanno la loro comparsa le clausulae harmonicae, una raccolta di melodie da somministrare ai tarantati che il gesuita trascrive grazie al prezioso contributo dei padri Nicolello di Taranto e Galliberto di Lecce. Tra queste si ricordano l’Antidotum Tarantulae e il Tono hypodorio, brani protagonisti di numerose registrazioni facilmente reperibili in rete. Oggi, però, vorrei parlarvi dell’Ottava Siciliana.
L’analisi
Di per sé, la clausula che Kircher intitola Ottava Siciliana, tono frigio potrebbe tranquillamente passare inosservata. Tre battute, due pentagrammi, una melodia che sale e che scende. Tutto qui? Sì, se non fosse che Kircher lo ritenesse uno degli antidoti più forti al morso del ragno. Cerchiamo allora di comprenderne meglio le sue caratteristiche. L’Ottava Siciliana prende il nome dalla metrica del suo testo, costituito da otto endecasillabi in rima alternata (ABABABAB).
Stu pettu è fattu Cimbalu d’Amuri;
Tasti li sensi mobili, et accorti;
Cordi li chianti, sospiri, e duluri;
Rosa è lu Cori miu feritu à morti;
Strali è lu ferru, chiai so li miei arduri;
Marteddu è lu pensieri, e la mia sorti
Mastra è la Donna mia, ch’à tutti l’huri
Cantando canta leta la mia morti.
L’armonia
Per quanto riguarda la musica in sé, mi piace definire l’andamento dell’Ottava come insieme “ciclico” e “circolare”. Quando parlo di ciclicità mi riferisco alla presenza nella linea del bassus di una conferma della tonalità minore di partenza (La), ottenuta attraverso un allontanamento in direzione della relativa maggiore (Do). Le cadenze poste in anacrusico (VI-V-I maggiore e IV-V-I minore) garantiscono un cambio di tonalità deciso e questo permette alla clausula, nella costante ripetizione della progressione, di conservare un equilibrio di forze tra i due modi.
La struttura armonica dell’Ottava presenta così le caratteristiche di una «dual tonicity», secondo la definizione che in Everyday Tonality: Towards a Tonal Theory of What Most People Hear (2009) Philip Tagg dà alla coesistenza in un brano di due modi differenti con due toniche differenti. In altre parole, l’Ottava non è né in La minore e nemmeno in Do maggiore: è allo stesso tempo in entrambe le tonalità.
La melodia
Con circolarità, invece, indico l’andamento “a scala” della melodia, la quale ritorna sul La (tonica nel modo minore) dopo aver raggiunto il Mi (modale nel modo maggiore, nonché dominante “in potenza” del modo minore). Il cerchio del canto ha una quinta di diametro e presenta una fermata, una stasi ritmica di un quarto e mezzo sui gradi cardine – Mi e La, appunto. Trovo sempre interessante notare come, nonostante si tratti di una tarantella, l’Ottava abbia un andamento binario e non ternario come ci si aspetterebbe da un brano da usare contro il veleno della tarantola.
La tradizione popolare
Vi starete ormai chiedendo dove si trovi tutto quel “mistero” di cui si parla nel titolo di questo articolo. Ebbene, l’Ottava di Kircher sembra aver vissuto due vite parallele, una “colta” e un’altra “popolare”. Per quanto riguarda quella popolare, è possibile ritrovare la stessa sequenza armonica, d’altronde spesso eseguita nella medesima tonalità, nella Tarantella del Gargano. Registrata a Carpino (FG) da Diego Carpitella e Roberto Leydi nel 1966, questa tarantella lenta è conosciuta anche come Accomë j’èja fa’ p’amà ‘sta donnë e tratta al pari dell’Ottava del tema amoroso, seppure in una chiave meno fatalista.
Ora, sappiamo che Kircher visitò il nord della Puglia nei primi del Seicento ed è quindi plausibile che abbia conosciuto di persona la tarantella. Tuttavia, verrebbe da chiedersi come mai il testo da lui riportato nel Magnes sia scritto in una lingua più vicina al siciliano che a quella del Gargano. Vi sono numerose incisioni di questa Tarantella. Una delle più celebri è quella di Pino De Vittorio nel disco Media Aetas (1981).
La tradizione colta
Percorrendo, invece, la via colta della storia dell’Ottava si incontra Giulio de Ruvo, un violoncellista e compositore del Settecento di cui si conosce relativamente poco. Probabilmente originario di Ruvo di Puglia (BA), si sposta a Napoli per approfondire gli studi musicali ed è lì che compone e pubblica la sua musica. Tra le sue opere compare una Tarantella in Re minore per violoncello che non è altro se non una serie di divertimenti e variazioni sulla sequenza armonica dell’Ottava kircheriana – questa volta in ritmo ternario. Così la nostra tarantella sveste i panni del contadino pizzicato per indossare gli abiti profumati del virtuosismo e dello sviluppo formale. Il brano viene spesso eseguito da Giovanni Sollima e Josephine van Lier, ed è stato inciso da Gaetano Simone nel disco Le Muse Napolitane (2015).
La prossima volta che vi imbattete in un ragno provate con questi “suoni” e se le zampette non dovessero obbedire alle leggi sul magnetismo di Kircher, pazienza! Avrete comunque avuto l’occasione di ascoltare una melodia con più di quattrocento anni di storia e di storie.
Foto di Maria Pia Prete
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