Nel 1927, dopo otto lunghi anni di lavoro, Havergal Brian porta a compimento la sua sinfonia n.1 “Gotica”. Il brano è composto da sei movimenti concepiti organicamente e ha la straordinaria durata di circa un’ora e cinquanta minuti. La prima esecuzione di questa sinfonia si data al 1961. Un paio di anni più tardi, nella stessa Inghilterra di Brian, esce il singolo From me to you firmato dalla coppia Lennon/McCartney. Il brano, della durata di un minuto e cinquantasette secondi, conquista la vetta della UK Singles Chart e si classifica primo anche in Irlanda e in Nuova Zelanda.
La differenza di durata tra i due esempi è abissale, considerando che i Beatles potrebbero cantare il loro motivetto ben sessanta volte prima che la sinfonia sia finita. Ammetto che i due brani rappresentano casi estremi di cronometraggio musicale. In linea di massima la durata media di una sinfonia si aggira intorno ai quarantacinque minuti mentre quella di una canzone pop intorno ai tre/quattro. Perché, dunque, i brani di musica classica durano così tanto e le canzoni così poco?
Uno degli aspetti fondamentali da prendere in considerazione è la struttura. Nella maggior parte dei casi un brano musicale non è costituito da un flusso libero di note, bensì da temi o melodie organizzate secondo un criterio preciso. La forma di un brano è in grado di influire sulla sua durata a seconda del numero delle parti di cui si compone. Una canzone pop generalmente presenta due temi fondamentali (strofa = A, ritornello = B) che vengono alternati tra loro per un massimo di tre volte. Anche un brano scritto in forma sonata si compone di due temi (A e B), con la differenza che quest’ultimi vengono proposti ed elaborati in tre sezioni differenti che prendono il nome di esposizione, sviluppo e ripresa.
Accanto alla struttura, anche la modalità di fruizione della musica rappresenta un elemento determinante. Fino a più di un secolo fa l’unico modo per ascoltare una sinfonia era recarsi in una sala da concerto. Tutt’al più, se sapevi leggere la musica, potevi comprare una riduzione per pianoforte e strimpellartela a casa. Per questa ragione la ‘musica seria’ aveva il dovere morale di essere il più possibile esaustiva per quanto riguarda i temi di cui si componeva. In un certo senso non si doveva fare in modo che il pubblico tornasse a casa con la voglia di ascoltare di nuovo le stesse melodie. A tale scopo il compositore si serviva del momento dello sviluppo per cercare di esaurire tutte le possibilità ritmiche, armoniche ed espressive di un tema musicale.
La musica pop si basa su criteri antitetici. Pur ammettendo un certo tipo di sviluppo nella forma della ripetizione e della alternanza tra ritornello e strofa, le canzoni non hanno la minima intenzione di esaurire un’idea melodica. Al contrario, il loro statuto è quello di generare nell’ascoltatore una particolare forma di sana dipendenza musicale, ricorrendo a riff coinvolgenti, ritmi trascinanti e ritornelli corali. Se in passato le canzoni erano costrette nei quattro minuti di un 78 giri in gommalacca, oggi conservano la stessa durata per poter garantire un elevato numero di riproduzioni online. Non a caso si parla di musica commerciale in un’Era in cui anche nell’arte la domanda è diventato industrialmente più importante dell’offerta.
Esiste un rapporto definitivo tra tempo e musica?
Se i compositori, i produttori e i cantautori hanno scritto e continuano a scrivere musica secondo strutture definite è perché negli anni si è creata una certa aspettativa negli orecchi di chi l’ascolta. Per dirla con le parole di Heidegger, è come se noi pubblico sapessimo già come suoneranno e, di conseguenza, quanto dureranno i brani che non sono ancora stati realizzati. Non è affatto un caso se la storia della musica fino a oggi è stata scritta dalla mano di chi ha avuto il coraggio di proporre qualcosa che risultasse esagerato (la sinfonia di Brian), conciso (From me to you dei Beatles) o comunque diverso rispetto agli standard.
Nella buona musica, classica o pop che sia, un rapporto definitivo tra tempo e musica non può e non deve esistere. Qualsiasi struttura dovrebbe originarsi dalla musica stessa, dalle sue necessità espressive e dal suo messaggio. Ogni volta che accade il contrario ed è la struttura a determinare il brano nel suo insieme, Euterpe versa una lacrima e si inginocchia davanti alle necessità del commercio.
[articolo comparso sull’ormai perduto Quellidelledomande.it]
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